Gioco on line a marzo 2008

A marzo 2008 viene legalizzato anche da noi il gioco online. Il mercato punta a un milione di italiani


Bond, James Bond, a questo tavolo non si farà ingannare dalla sanguigna lacrima di Le Chiffre leggendola come genuino indizio di bluff invece della trappola qual è, come succede nell’ultimo Casinò Royale. Né Matt Damon potrà sconfiggere John Malkovich, nella parte dell’imbattibile KGB, scoprendo che ha il vizio di baloccarsi con un biscotto quando (in Rounders-Il giocatore) finge un punto che non ha.



In rete, quei sintomi non si vedono. Non ci sono tic e gestualità inconsce da decifrare addosso agli avatar (squali e bellone, ranocchi e gangster) che impersonano gli avversari nelle partite di poker on line, come non c’è il piacere tattile delle carte da raccogliere e spillare. Solo lo schermo del computer e, volendo, il fruscio riprodotto di un mazzo mescolato o il tintinnio delle fiche alla puntata. Piuttosto c’è una micidiale comodità. Nessun bisogno di coordinare gli amici per la serata, contrattare in famiglia, fronteggiare le defezioni dell’ultimo minuto. Mentendo a se stessi, si può anche dire che così si perde meno tempo dietro alle carte. Un rapidissimo collegamento al sito durante un break del lavoro, un “attimino” prima di cena, oppure appena tornati dal cinema. Dieci minuti, e sono da te... È una menzogna, appunto. Micidiale perché, anzi, il tempo delle carte rischia di moltiplicarsi a dismisura. Non c’è più l’impiccio dei preparativi né, apparentemente, il sacrificio totale di una serata: ogni momento è buono, allora perché non giocare sempre? In questi giorni il poker on line arriva da noi: legale, sotto il controllo dei Monopoli di Stato. Il regolamento è in via di pubblicazione. Dopo, tocca alle società che hanno richiesto la concessione - 31 finora, fra italiane che già operano nel settore delle scommesse, grandi gruppi internazionali e i quattro casinò della penisola - aprire i siti e inaugurare la prima fase di sperimentazione: «Stiamo lavorando per essere pronti alla fine di marzo», annuncia Gianluca Ballocci, responsabile area internet di Lottomatica.



“FUORI LEGGE”
Il provvedimento fa seguito al decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 novembre scorso mettendo in pratica la liberalizzazione su internet dei “giochi di abilità a distanza con vincita in denaro” prevista dal decreto Bersani del luglio 2006. E promette una vera rivoluzione. Già oggi gli italiani vanno in cerca di scale e di full nella rete. Ma si tratta di “fuori legge”. Un piccolo esercito di 50-70.000 giocatori (stando alle stime approssimative dei Monopoli) che giocano in poker room straniere, appassionati ma anche esperti di informatica. Dal gennaio 2006, infatti, i siti che offrono questo servizio vengono “oscurati” dalle autorità italiane: a oggi, dei 1300 siti soggetti a inibizione riportati sulla home page dei Monopoli, circa la metà ha a che fare col poker. Un divieto sfidabile, però, a quanto confermano gli stessi che lo impongono. Si aggira cambiando Dns (domain name server) e collegandosi direttamente al server d’origine. Le “inibizioni” avrebbero allontanato una buona metà degli utenti. Il bacino potenziale dell’on line made in Italy sale così a 200.000 persone. Sempre in via approssimativa il valore di questo mercato si aggirerebbe sui 400 milioni: «Cosa diversa dall’esborso netto per i giocatori, cioè le perdite, che nel sistema dei tornei si aggirano sul 10%». Cautela, ma speranze ancora maggiori, da Lottomatica: «È un mercato importante per visibilità ed emotività ma impalpabile: lo stesso individuo può giocare su tre siti diversi. Ci risulta che oggi si rivolgano ai siti stranieri 200.000 italiani, coi nuovi provvedimenti il mercato coinvolge centinaia di migliaia di persone. Ma se non tocca il milione parlerei di flop», dice Bellocci. Ancora più ottimista Mauro Pizzigati, presidente del casinò di Venezia che si dichiara “prontissimo” al debutto: «Secondo noi questa è la forma del gioco del futuro. Noi partiamo con l’Hold’em ma estenderemo in breve a tutti i giochi di carte se accertiamo che prende piede verso l’utenza. E poi pensiamo che arriveranno a essere ammessi in rete anche tutti i giochi da tavolo: roulette, baccarat, chemin de fer, a torneo. A Malta, con l’on line, il casinò di cui siamo soci è andato in pari. E in Italia crediamo ci sia qualche milione di potenziali giocatori».


Business colossale, anche se monco, da noi. Perché all’inizio sui siti nazionali sarà possibile giocare solo in forma di torneo: nei circuiti internazionali solo il 20% rispetto alle partite “a puntata libera”: «Dove oggi i nostri compatrioti si fanno mazzolare», precisano dai Monopoli. È una delle clausole del debutto italiano, assieme al tetto di deposito di 100 euro. Sul totale versato, poi, è prevista una trattenuta massima del 20%, l’erario preleva il 3%, i concessionari devono decidere quale quota destinare ai loro introiti. Non è una scelta semplice perché deve fare i conti con la concorrenza dei siti stranieri che “tassano” i giocatori mediamente del 10% nei tornei e del 3-5% nelle partite “libere”. Ulteriore problema è la capacità di appeal del gioco “italiano” rispetto alle poker room già esistenti. Gli operatori discutono come superare l’ostacolo della richiesta di codice fiscale che potrebbe disincentivare i giocatori stranieri. Anche perché è decisivo per il successo dei siti la partecipazione massiccia: «Il rischio di flop esiste: provate a immaginare cosa può voler dire per un giocatore seduto davanti al pc di casa dover attendere 45 minuti prima che il suo torneo inizi», osserva un profeta del gioco come Maurizio Caressa, commentatore su Sky.

IL RECORD DI ANNETTE
Fondamentale, per la liberalizzazione, è stato l’inserimento del poker nella categoria dei “giochi d’abilità”. Una decisione che trova d’accordo Dario De Toffoli, buon pokerista e, soprattutto, autore di Il grande libro del poker - Texas Hold'em e tutto il resto: «Il poker non è un “gioco d’azzardo” nel senso tecnico del termine, perché l’esito dipende in modo rilevante e anzi preponderante dalle scelte dei giocatori». I giochi di abilità (o skill games) sono tantissimi e si raggruppano in due categorie: quelli di carte in forma di torneo (briscola, poker, burraco e via dicendo) e quelli puri (rompicapo, scacchiera, giochi di parole, strategici, sportivi...). Il Casinò di Venezia, in prospettiva, sta pensando a tornei a distanza di risiko, solitari, puzzle e simili. Unanime, però, è l’opinione che on line, almeno all’inizio, il poker farà la parte del leone.
Come ogni mito che si rispetti, il poker on line ha già i suoi eroi. Come Annette Oberstad, ragazzina norvegese classe 1988, che ha cominciato su internet nei tornei gratuiti (esistono anche questi) e ha scalato le classifiche fino a vincere le World Series a Londra, nel settembre scorso, prima donna a guadagnarsi l’ambitissimo bracelet nonché un monte premi oggi valutato 2.100 milioni di dollari. E ha anche i suoi incubi. Ovvero i timori di pastette e truffe. Quelli legati all’uso delle carte di credito on line sono più forti da noi che in paesi dove il commercio su internet è abituale. Quelli connessi al nuovissimo ambito di gioco sono più profondi. Rispetto al poker “dal vivo”, spiega Mauro Croce, psicologo e curatore di un’antologia per Franco Angeli, Il gioco l’azzardo: «Le differenze sono evidenti. Intanto il denaro è virtuale, nel senso che non lo tocco e la percezione del soggetto di spenderlo è molto minore in una situazione, pure, emotivamente calda. Poi, le barriere che ci diamo e che eventualmente superiamo (nel caso dei giocatori patologici) sono meno forti in rete, anche perché non esiste il meccanismo deterrente della sconfitta davanti ad altri. Questo, infine, è l’aspetto della solitudine - meccanismo affascinante e terrorizzante in psicologia - che aumenta molto le possibilità compulsive e fa sparire i meccanismi inibitori. In genere si può dire che tutto è fatto per non far sentire il tempo che passa, come e più che nei casinò. Sparisce il tempo con la ritualità, non ci sono impedimenti al gioco, in ogni momento si può entrare o uscire, o, almeno, se ne ha l’illusione». La casistica è ancora limitata: «Sono pochi i pazienti in trattamento per gioco on line. Uno sospettava che gli altri giocatori non esistessero o fossero solo algoritmi creati ad arte». In realtà, a oggi, le vere e proprie truffe appaiono assai complesse. Certo, in rete ci sono pescecani che studiano i tavoli per individuare i partecipanti avventati o bolliti dopo ore di partita, ed esistono raffinati sistemi - leciti - per ottimizzare il gioco. Ma la paura di finire coinvolti in una stangata virtuale sembra far parte delle ludopatie. Quelle contro cui il Casinò di Venezia annuncia comunque l’impegno, accanto al lancio del proprio sito. Mentre un operatore mondiale come Pokerstars studia un sistema per bloccare le puntate oltre un certo limite. L’estremo paradosso è l’ultima novità presentata a fine gennaio in una fiera londinese di giochi on line: il tavolo da gioco - vero, concreto, legno e panno verde - con le postazioni dei giocatori attrezzate di computer collegati ai siti virtuali. In pratica una capriola mentale: i giocatori sono in carne e ossa, si vedono e parlano, ma ognuno è ingaggiato per conto suo con altre persone in rete, anonime e invisibili. Una sola cosa non cambia anche giocando via internet. La sintetizza una battuta celebre fra i giocatori: «Se dopo mezz'ora non hai capito chi è il pollo del tavolo, allora vuol dire che il pollo sei tu». Vale anche nel mondo degli avatar (che, detto per inciso, danno anche la possibilità di scegliere come simbolo proprio un pollo).


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